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Descritti per la prima volta dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), l'organismo ONU incaricato di far progredire le conoscenze scientifiche sui cambiamenti climatici, i punti di non ritorno climatico sono soglie critiche che, se superate, possono portare a cambiamenti significativi e irreversibili nel sistema climatico.
«Rimangono molte lacune nella conoscenza di questi punti di non ritorno, in particolare delle loro conseguenze sull'ecosistema marino», afferma Christoph Heinze, modellatore biogeochimico degli oceani presso l'Università di Bergen, in Norvegia, e coordinatore del progetto COMFORT. «Con COMFORT volevamo capire meglio cosa sarebbe successo superando i punti di non ritorno e, soprattutto, come limitare i danni causati da un cambiamento brusco e non lineare.»
Il team del progetto COMFORT si è concentrato su tre delle conseguenze più note e preoccupanti dei cambiamenti climatici per gli ecosistemi marini: il riscaldamento degli oceani, che determina la perdita di ghiaccio marino, l'aumento del livello del mare e lo spostamento degli habitat locali; l'acidificazione degli oceani, in cui l'anidride carbonica disciolta riduce i livelli di pH e può interferire con la capacità di coralli e molluschi di produrre le loro conchiglie; e la deossigenazione, in cui le condizioni naturali o indotte possono portare a corpi idrici privi di ossigeno disciolto e inabitabili per i pesci. Gli esperti si riferiscono comunemente a questi elementi come alla «triplice minaccia» oceanica, in quanto la loro combinazione aumenta la probabilità che gli oceani raggiungano punti di non ritorno irreversibili.
Il team, composto da fisici oceanici, biogeochimici ed ecologi, ha utilizzato l'analisi dei dati e i modelli predittivi per prevedere l'impatto dei fattori umani sui sistemi oceanici. «Con questo metodo integrativo potremmo capire meglio la risposta dell'oceano ai cambiamenti climatici», osserva Heinze.
Agire subito
I risultati sono allarmanti e indicano un ciclo di retroazione climatica emergente che sta accelerando un cambiamento improvviso e permanente degli ambienti marini. «Le previsioni indicano bruschi cambiamenti e cambi di regime negli oceani, con ripercussioni critiche per specie ed ecosistemi marini.»
Il team ha individuato una serie di cambiamenti improvvisi verificatisi in diverse province oceaniche. Tra questi, il forte aumento della frequenza di eventi estremi come le ondate di calore marino, gli improvvisi eventi di acidificazione stagionale e il temporaneo abbassamento dell'ossigeno, tutti fenomeni che possono provocare cambiamenti di lunga durata negli ecosistemi.
I risultati di COMFORT indicano che vi è ancora un certo margine di flessibilità per evitare gli impatti peggiori dei cambiamenti, offrendo ai responsabili politici indicazioni sulle migliori strategie per misure di riparazione proattive e decisive. Queste potrebbero includere la rimozione su larga scala dell'anidride carbonica e la scelta di zone marine protette simili ai parchi nazionali e alle riserve naturali terrestri.
Secondo Heinze, tali misure potrebbero essere efficaci se combinate con la limitazione dell'inquinamento da nutrienti derivante dal deflusso dei fertilizzanti e dall'industria, dai rifiuti di plastica e dalla pesca eccessiva, anche se la misura chiave da affrontare è l'aumento dei livelli di anidride carbonica. «Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni di gas serra», aggiunge. «È molto meglio e più conveniente farlo ora anziché sperare che potenziali soluzioni future di geoingegneria risolvano i nostri problemi.»
Alcuni cambiamenti sono però inevitabili. Riduzioni sostanziali e immediate delle emissioni di gas serra rallenterebbero solo la perdita di ghiaccio artico e l'indebolimento della corrente del Golfo, ma non li fermerebbero, mentre la triplice minaccia dell'aumento delle temperature e della diminuzione del pH e dei livelli di ossigeno degli oceani persisterebbe per millenni.
Bisogna cambiare direzione
I risultati sottolineano l'urgente necessità di agire all'unisono. Il progetto COMFORT ha prodotto numerose pubblicazioni scientifiche, contribuendo significativamente all'ultima relazione di valutazione dell'IPCC (IPCC AR6).
Concluso il progetto, i membri continuano a lavorare ad altre indagini sul clima in tutto il mondo. «C'è un grande bisogno di osservazioni oceaniche estese, insieme a reti osservative migliorate e modelli del sistema Terra per capire meglio i processi oceanici», spiega Heinze. «Penso anche che servirebbe una task force che fornisca una consulenza strategica più concreta basata sulle conoscenze che già abbiamo. Come possiamo aiutare a superare la crisi climatica con il minor danno possibile, in modo che la vita rimanga un'avventura degna di nota? Non c'è molto tempo e dobbiamo cambiare direzione subito.»