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Il settore industriale dell’UE è responsabile di un consumo annuale di circa 70 miliardi di metri cubi di gas naturale, dei quali più o meno il 15% viene utilizzato come materia prima chimica al fine di realizzare qualsiasi tipo di prodotto finale, dai fertilizzanti agli aromi, attraverso un processo noto come catalisi eterogenea.
«Sebbene non ci si pensi spesso, dipendiamo enormemente da questa tecnologia», osserva Jeremy Scott Luterbacher, coordinatore del progetto CATACOAT e ricercatore presso la Scuola politecnica federale di Losanna.
«Non esiste una sola molecola di benzina, né di plastica, che non abbia prima o poi interagito con un catalizzatore eterogeneo (solitamente un ossido metallico). Se dovessimo porre termine alla catalisi eterogenea, la società smetterebbe di funzionare molto rapidamente.»
Proteggere i catalizzatori per le materie prime rinnovabili
Anche se i combustibili fossili costituiscono la materia prima di molti prodotti chimici industriali, sono stati compiuti numerosi sforzi congiunti per passare all’utilizzo di fonti rinnovabili di carbonio, come le piante; tuttavia, le reazioni indesiderate tra i catalizzatori eterogenei e queste materie prime sostitutive possono renderne problematico l’utilizzo. Questi catalizzatori tendono infatti a essere sensibili all’acqua, spesso presente nelle materie prime di origine vegetale, e a contenere metalli che si disperdono al suo interno durante le reazioni.
Il progetto CATACOAT, sostenuto dal Consiglio europeo della ricerca, si è proposto di affrontare questa sfida rivestendo le molecole catalitiche con uno strato protettivo, in modo da renderle utilizzabili in composti acquosi ricchi di ossigeno. «L’idea iniziale era relativamente semplice», spiega Luterbacher. «Volevamo concentrarci sui materiali catalitici convenzionali, che sono abbastanza sensibili alle condizioni delle materie prime rinnovabili, per incrementarne la resistenza.»
Una difficoltà rilevante riguardava il fatto che queste molecole catalitiche, pur dovendo essere protette dalla materia prima, richiedono uno stretto contatto con essa per funzionare; di conseguenza, è necessario che lo strato protettivo sia poroso e incredibilmente sottile, presentando uno spessore compreso tra i 5 e i 50 atomi. Per raggiungere questo obiettivo, il team ha sviluppato e sperimentato nuove tecniche intese a depositare strati sottili di ossidi metallici.
«Siamo stati in grado di dimostrare la possibilità di rivestire questi catalizzatori, consentendone in tal modo l’impiego al fine di processare materie prime rinnovabili di carbonio dalle piante», aggiunge Luterbacher. «In queste condizioni, i catalizzatori convenzionali verrebbero normalmente distrutti.»
Controllare i catalizzatori a livello atomico
Il team del progetto, oltre a raggiungere questo obiettivo primario, ha anche realizzato alcune scoperte inaspettate. «Ci siamo principalmente concentrati sul controllo della stratificazione del rivestimento», spiega Luterbacher. «Così facendo, abbiamo sviluppato un approccio molto interessante.»
Mentre l’équipe costruiva uno strato protettivo, atomo per atomo, ha scoperto che poteva far crescere questi strati da un singolo «ancoraggio» sulla superficie della molecola bersaglio, creando in tal modo una sorta di cluster atomico, o isola. Sebbene questo lavoro sia ancora agli inizi, la tecnica potrebbe offrire agli scienziati un maggiore controllo delle molecole a livello atomico, consentendo loro di creare catalizzatori migliori e più efficaci.
«A nostro parere questo potrebbe essere uno strumento generalizzabile, dotato di numerose applicazioni industriali», osserva Luterbacher. «Alcune di esse potrebbero funzionare, altre no; al momento non possiamo esserne certi, ma si tratta senza dubbio di uno sviluppo entusiasmante.»
Profumi, materie plastiche e ulteriori potenziali utilizzi
Il progetto CATACOAT è confluito in un’iniziativa commerciale, avviata precedentemente dal laboratorio di Luterbacher, allo scopo di portare sul mercato la sua ricerca d’avanguardia. «Questo spin-off si propone di scoprire come produrre sostanze chimiche rinnovabili dalle piante e di sostituire le sostanze chimiche basate sui combustibili fossili» spiega. «Tra i potenziali utilizzi finali figurano aromi e profumi, nonché biomateriali e bioplastiche.»
Luterbacher ritiene inoltre che il progetto abbia permesso al suo laboratorio di sviluppare e combinare competenze sia in ambito di catalisi eterogenea che nel campo della fitochimica, aiutando nel lungo periodo l’industria a trovare il modo di effettuare la transizione verso sostanze chimiche rinnovabili. «È per questo che ricerche di base come questa risultano così importanti», aggiunge il ricercatore, che conclude: «Dobbiamo investire in idee i cui risultati, anche se potrebbero non essere necessariamente utilizzabili in maniera immediata, dispongono del potenziale di rivestire un’importanza critica in futuro.»