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La Terra è costantemente sottoposta al controllo di centinaia di satelliti. Il loro scopo è quello di raccogliere dati relativi ai cambiamenti climatici, alla meteorologia, alle risorse naturali, alla salute degli oceani o ai disastri naturali. La flotta di satelliti per l’osservazione della Terra dell’UE, conosciuta come Sentinelle Copernicus, fornisce oltre 20 000 gigabyte di nuovi dati giornalieri a chiunque sia interessato a titolo gratuito, grazie ad apposite politiche in materia di dati aperti.
Tuttavia, c’è un problema. Per quanto possano essere inestimabili ai ricercatori, i dati aperti di osservazione della Terra sono disponibili in quantità così enormi da rendere sempre più difficile la loro gestione. «Ormai dobbiamo archiviare ed elaborare megadati di osservazione della Terra su scala petabyte (nota dell’editore: un petabyte equivale a un milione di gigabyte)», dichiara Matthias Schramm, coordinatore del progetto openEO condotto per conto del Politecnico di Vienna. Una soluzione consiste nell’archiviazione ed elaborazione su cloud. Numerosi nuovi operatori di mercato sono entrati nel campo, con diverse offerte per un gruppo di utenti sempre più ampio proveniente dai settori scientifico, industriale e governativo. Sono stati molto rapidi, forse persino troppo.
«La velocità e lo slancio nello sviluppo di nuove piattaforme di cloud ha impedito la definizione di criteri ampiamente riconosciuti e utilizzati. Questa mancanza di punti di accesso confrontabili comporta sfide tecniche per gli utenti, che non possono passare facilmente tra i vari fornitori di servizi per confrontare i risultati», spiega Schramm.
È qui che entra in gioco il progetto openEO, finanziato dall’UE. Da ottobre 2017 a novembre 2020, i partner del progetto hanno sviluppato una nuova interfaccia comunicativa in grado di normalizzare l’accesso ai dati dell’UE e la capacità di elaborazione applicabile a diversi fornitori di servizi cloud. Tale nuova interfaccia funziona in due passaggi. In primo luogo, gli archivi di openEO sulle macchine locali degli utenti preparano i propri flussi di lavoro per spedirli ai fornitori di servizi scelti. In seguito, tali richieste di elaborazione normalizzate vengono tradotte automaticamente nella sintassi compresa dal fornitore.
Ulteriore potenziale inesplorato
«Abbiamo archivi di openEO per i linguaggi di programmazione Python, R e JavaScript. Inoltre, abbiamo creato un plug-in QGIS, un web editor e applicazioni mobili che fungono da punti di accesso. Diverse piattaforme europee di cloud sono già connesse all’interfaccia openEO per una comunicazione normalizzata e tutti gli aspetti dell’interfaccia open source sono stati progettati per consentire connessioni future con piattaforme e linguaggi di programmazione aggiuntivi», osserva Schramm.
Per garantire il raffronto tra i diversi risultati dei fornitori di servizi cloud, il team del progetto ha sviluppato cinque casi d’uso per utenti pilota, testando i flussi di lavoro con la sintassi openEO su diverse piattaforme. Il gruppo ha scoperto che l’unica possibile limitazione alla garanzia di comparabilità dei servizi cloud era una mancanza di dati analoghi di osservazione della Terra (ad esempio nel caso vi siano sensori, risoluzione, intervalli di campionamento, aree fornite o preelaborazione diversi). Oltre a questo, sono state rinvenute differenze solo a livello di accuratezza di calcolo, dimostrando che l’interfaccia funziona particolarmente bene.
«Diversi fornitori di piattaforme di cloud esterni al progetto, insieme agli utenti di osservazione della Terra e al settore della ricerca sul clima, hanno già manifestato interesse a incorporare l’interfaccia di openEO nei loro nuovi servizi», aggiunge Schramm. «Al momento, il modello di openEO è un’opportunità teorica per accedere congiuntamente a più fornitori di servizi cloud e confrontarli. Tale accesso comune deve ancora essere realizzato, ad esempio con comunicazioni reali tra piattaforme di cloud attraverso l’impiego del nostro nuovo linguaggio diffuso. Abbiamo inoltrato numerose proposte per progetti scientifici volti ad affrontare questo divario, alcuni dei quali, come il progetto C-SCALE di Orizzonte 2020, hanno già ricevuto i finanziamenti».