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Research and Innovation

Come minuscole microstrutture nei nostri organi racchiudono importanti indizi sulla nostra salute

Ogni anno, oltre 150 000 europei muoiono a causa di malattie del fegato. Il progetto LSO, finanziato dall’UE, ha sviluppato tecniche pionieristiche per mappare la microstruttura del fegato e di altri organi. I risultati forniscono nuove informazioni sulla rigenerazione del fegato, il trattamento della malaria, la produzione di insulina e altro ancora.

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Il fegato è fondamentale per la nostra salute, poiché contribuisce a mantenere l’equilibrio nell’organismo, dalla disintossicazione del sangue all’immagazzinamento e al rilascio delle sostanze nutritive. La sua superficie liscia nasconde un grado di complessità sorprendentemente elevato.

«Gli organi del nostro corpo non sono solo ammassi di cellule» afferma Shaul Shalev Itzkovitz, coordinatore del progetto LSO e professore presso l’Istituto di scienze Weizmann, in Israele. «L’intestino, il fegato e il pancreas sono organi altamente strutturati, composti da unità anatomiche ripetitive.»

Nel fegato, gli epatociti lavorano all’interno di strutture esagonali di dimensioni millimetriche chiamate lobuli, disposte in base al flusso sanguigno e alle molecole di segnalazione. Questa configurazione, nota come «zonazione epatica», aiuta a localizzare diverse attività in aree specifiche dei lobuli. Nuove ricerche dimostrano tuttavia che circa il 50 % dei geni del fegato è attivo solo in zone specifiche. Ciò solleva una questione importante: gli epatociti sono uguali ovunque e rispondono semplicemente ai segnali locali, oppure esistono effettivamente tipi di cellule diversi in ciascuna zona?

Con il sostegno del Consiglio europeo della ricerca, Itzkovitz e il suo team hanno utilizzato una serie di tecniche innovative, quali lo smistamento spaziale, il sequenziamento di cluster e il sequenziamento di RNA a cellule appaiate, per costruire la rappresentazione più precisa mai ottenuta del fegato, fornendo risultati fondamentali con potenziali applicazioni per la salute umana.

Aiuto alla guarigione

Quando il tessuto è danneggiato, ci si potrebbe aspettare che le cellule più vicine alla ferita si dividano e colmino il vuoto. Itzkovitz e il suo team hanno però scoperto qualcosa di molto diverso nel fegato, che contribuisce a spiegare la sua prodigiosa capacità di guarigione. «Gli epatociti si dividono non solo al margine dell’area danneggiata, ma in tutto il fegato. Se si dividono tutti, è possibile chiudere la ferita molto rapidamente, perché si creano nuovi epatociti che spingono verso l’interno», osserva.

Un aspetto fondamentale è che queste cellule migranti «dimenticano» rapidamente la loro identità e il loro ruolo precedente nell’organo e si specializzano nuovamente per svolgere l’attività appropriata nella loro nuova posizione, una proprietà chiamata plasticità. Il lavoro fa luce su come possiamo aiutare i pazienti a riprendersi dai danni epatici causati da avvelenamento o farmaci aggressivi come la chemioterapia.

Mappatura degli organi

Una comprensione più approfondita della struttura del fegato potrebbe aiutare nel trattamento di malattie quali avvelenamento, cirrosi e malaria. Il team ha sviluppato un atlante delle singole cellule dello stadio epatico del Plasmodium, mappando il comportamento del parassita responsabile della malaria durante questa fase critica del suo ciclo vitale.

«Il primo passo dell’infezione da malaria è che i parassiti entrano nel flusso sanguigno e devono raggiungere il fegato, dove si insediano in un epatocita», spiega Itzkovitz. Queste cellule fungono da rifugio per i parassiti, che si dividono fino a rilasciare decine di migliaia di parassiti nel sangue.

Il parassita della malaria, però, non infetta semplicemente il primo epatocita che trova. «Entra, poi penetra nelle pareti e raggiunge in media tre epatociti prima di stabilirsi e iniziare a dividersi», rivela Itzkovitz.

Il suo team ha scoperto che i parassiti che riuscivano a penetrare negli strati interni dei lobuli avevano un tasso di riproduzione molto più elevato. La scoperta potrebbe portare a nuovi trattamenti contro la malaria che impediscono al parassita della malaria di infettare le cellule preferite.

Identificazione delle cellule

Esaminando l’intestino, il team è riuscito a dimostrare che la migrazione delle cellule attraverso la parete intestinale era così rapida da oscurare la microstruttura del tessuto. «In sostanza, se si osserva l’RNA e si cerca di dedurre quale sia la funzione delle cellule in diverse posizioni, si ottiene un quadro diverso rispetto a quello che si otterrebbe esaminando le proteine», aggiunge Itzkovitz.

Il progetto LSO è stato anche in grado di sviluppare tecniche per identificare l’origine delle cellule SHED nella microstruttura di un organo. Ciò offre ai medici un livello molto più elevato di sofisticazione nella formulazione delle diagnosi a partire dal materiale cellulare presente nei campioni di sangue o feci.

Secondo Itzkovitz, il progetto mette in luce il valore della struttura delle sovvenzioni del CER. «Abbiamo iniziato con l’eterogeneità del fegato, ma abbiamo preso gli stessi concetti e li abbiamo estesi ad altri organi e ad altre modalità in continua evoluzione. Questa flessibilità è davvero utile, perché consente di esplorare nuove direzioni.» Il suo lavoro continua nell’ambito di ZONESHED, un progetto di prova di concetto sostenuto dal CER che si propone di utilizzare le tecniche sviluppate nell’ambito di LSO per diagnosticare con maggiore precisione i danni epatici nei pazienti umani.

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Dettagli del progetto

Acronimo del progetto
LSO
Progetto n.
768956
Coordinatore del progetto: Israele
Partecipanti al progetto:
Israele
Costo totale
€ 2 000 000
Contributo dell'UE
€ 2 000 000
Durata
-

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